“Spinoza e il non contemporaneo” di Vittorio Morfino
Dalla quarta: “Porre la categoria di non contemporaneo al centro del pensiero spinoziano significa prima d’ogni altra cosa sfidare gli effetti interpretativi di una lettura acosmista di Spinoza, effetti che rendono l’intero suo pensiero un vano delirio privo di senso, un pensiero che nega il mondo. Porre l’equazione eternità uguale non contemporaneità significa restituire consistenza ontologica al tempo, inteso non secondo la sua immagine tradizionale del circolo o della linea, ma come pluralità di durate, intreccio complesso e articolato la cui struttura è il non contemporaneo, inteso non nel senso di sopravvivenza di forme arcaiche in una contemporaneità comunque data come termine di paragone, ma come radicale impossibilità di ogni contemporaneità assoluta, come impossibilità sul piano ontologico di porre un ritmo come misura assoluta di altri. In questo orizzonte la ragione riemerge dall’abisso di una contemporaneità assoluta che, per dirla con Hegel, “è la notte dove tutte le vacche sono nere”, dove i corpi, le passioni, le pratiche, la politica e la storia sprofondano come vane illusioni prive di consistenza; la ragione, nel solco della grande tradizione lucreziana, diviene nuovamente strumento di conoscenza della non contemporaneità, di quella pluralità di tempi che si intrecciano in ogni presente (la cui omogeneità è sempre immaginaria), pluralità di tempi che misurano il ritmo dell’intreccio dei corpi, delle passioni, delle idee, delle illusioni, delle pratiche, dei conflitti, della cui sostanza è fatta ogni congiuntura storico-politica. La ragione, lungi dall’essere il luogo dell’annullamento di ogni temporalità, è dunque una sorta di archeologia del presente, è quell'”andar drieto alla verità effettuale della cosa” che apre all’intervento nella congiuntura.”
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fogliospinoziano
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