“Religione cosmica” di Albert Einstein: recensione
Il visitatore che si reca a Rijnsburg per osservare con i suoi occhi la casa dove Spinoza visse intorno agli anni 1661-1663, può osservare sul grande libro degli ospiti – quasi con orgoglio dagli addetti alla casa-museo – la firma di un grande uomo del secolo passato e che ha nome Albert Einstein, il quale si recò proprio in Olanda nel 1910 quasi per celebrare colui che fu, assieme a Democrito e Francesco d’Assisi, uno degli uomini “ispirati dalla più elevata esperienza religiosa”. Nel volume appena pubblicato dalla casa editrice Morcelliana Religione cosmica di Albert Einstein a cura di Enrico R.A. Calogero Giannetto e Audrey Taschini, non si presenta solamente cosa volesse intendere il fisico con questo termine e con la religiosità in generale ma per la prima volta tradotto in Italia un testo che introduce la grande ammirazione di Einstein per Spinoza, ammirazione che fa di quest’ultimo, una pietra di paragone nello sviluppo della teoria della relatività. Come esplicitamente affermato da E.R.A. Calogero Giannetto e A. Taschini nella postfazione del libro, La teofisica spinoziana di Albert Einstein, si parte da un concetto religioso o teologico, per arrivare alla formulazione di una teoria matematica in cui le idee di Spinoza su Sostanza, Modi e Attributi divini trovino un loro posto esatto. A partire infatti dalla critica ormai nota della fisica di Newton, Einstein sostituisce l’azzardo (rivelatosi vero con la realtà sperimentale) di un moto non rettilineo ma curvo e che apre le porte alla moderna cosmologia dell’universo. Per Einstein l’universo è Dio, analogamente a Spinoza, anche perché la matematica razionalizza e mostra ciò che i sensi non fanno: illustra una realtà che segue un rigido determinismo in cui la libertà è immergersi in questo e accettarlo come tale. Einstein concepisce anche che c’è bisogno di questo amor Dei intellectualis, argomento tipicamente spinoziano per giungere alla comprensione del Tutto e, sebbene alcune sue teorie si siano dimostrate leggermente devianti dalle prove sperimentali – ma solo quando egli introdusse nella propria teoria la costante universale -, la tesi che vede la teoria della relatività come l’attuazione pratica e matematica del pensiero spinoziano è evidente, “proprio perché Spinoza riprende in modo proprio la riflessione teologica della Riforma sull’Eucaristia, che considerava l’ubiquità del corpo del Cristo, o la stessa teologia cattolica della transustanziazione del corpo del Cristo, ovvero del corpo di Dio che veniva a coincidere con l’intera creazione. Gli intelletti e corpi fisici sono rispettive determinazioni particolari, modalità, di questi due attributi.”. Infatti “per Einstein la forza/potenza non appartiene solo a Dio, al Dio onnipotente della teologia della Riforma e specialmente calvinista, separato ed esterno alla Natura e che sottomette la Natura alle sue leggi (e per Newton alle manifestazioni della Sua potenza nelle forze gravitazionali)i: la forza potenza e invece energia, interna alla Natura, al suo ordine crono-geometrico, perché Dio natura si identificano.” Tuttavia, in ultimo, dopo aver sviluppato la fisica dei quanti, contrariamente a quanto pensava lo stesso Einstein, e come invece prefigurato poeticamente da Nietzsche che si rifaceva al Rgveda e a Eraclito, “Dio gioca a dadi” e, come ha scritto il cosmologo Stephen Hawking, “a volte li getta dove non è possibile neanche vederli”. L’intento finale di Einstein, al di là della sistematizzazione matematica della filosofia spinoziana, era comunque quello di creare un qualcosa che avesse in comune l’uomo e la Natura, una nuova etica appunto all’interno di questa, agli albori dell’orrore che il Novecento produsse con la seconda guerra mondiale, che resistesse a lungo e che fosse di sprone per l’intera umanità, una religione comunque cosmica che avrebbe compreso tutti all’interno del Tutto.
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