L’idea di Dio
Dobbiamo ancora chiederci: qual è la differenza fra l’idea di Dio del secondo e del terzo genere? L’idea di Dio appartiene al secondo genere solo in quanto è riferita alle nozioni comuni che la esprimono. E le condizioni della nostra conoscenza sono tali che “arriviamo” all’idea di Dio attraverso le nozioni comuni, ma l’idea di Dio non fa parte di queste nozioni. E’ quindi grazie ad essa se possiamo lasciare il secondo genere e scoprire un contenuto indipendente: invece delle proprietà comuni, l’essenza di Dio, la mia essenza e tutte le altre essenze che dipendono da Dio.
[…] Fin dalla nostra esistenza nella durata, quindi “durante” la nostra esistenza, possiamo accedere al terzo genere di conoscenza. Ma possiamo farlo solo in un ordine rigoroso, che rappresenta il modo migliore in cui la nostra capacità di essere affetti può esser colmata. 1) Idee inadeguate, che ci sono date, che diminuiscono la nostra potenza di agire, affezioni passive, che ne conseguono, che la aumentano. 2) Formazione delle nozioni comuni in seguito allo sforzo di selezione riguardante le affezioni passive; le gioie attive del secondo genere seguono dalle nozioni comuni, l’amore attivo segue dall’idea di Dio che si riferisce alle nozioni comuni. 3) Formazione delle idee adeguate del terzo genere, gioie attive e amore attivo che seguono da queste idee (beatitudine). Ma, finché si vive nella durata, è inutile sperare di avere solo gioie attive del terzo genere o anche solo affezioni attive in generale. Abbiamo sempre e soltanto passioni, tristezze concatenate con le nostre gioie passive, ed una conoscenza che dipende sempre dalle nozioni comuni. Tutto quello che possiamo sforzarci di fare è di avere, in proporzione, più passioni in gioia che di tristezza, più gioie attive del secondo genere che passioni, e il maggior numero possibile di gioie del terzo genere. Nelle affezioni che colmano la nostra capacità di essere affetti, tutto dipende dalla proporzione: si tratta di fare in modo che le idee inadeguate e le passioni non occupino se non la minima parte della mente.
Gilles Deleuze, Spinoza e il problema dell’espressione, Quodlibet, 2006, pp 242-244
Trackback from your site.