L’età dei libertini: Spinoza secondo Onfray
Il terzo libro della Controstoria della filosofia di Michel Onfray parla del Seicento. Onfray, già noto ai lettori italiani per i suoi “trattati” di ateologia, ha progettato in più volumi un discorso filosofico che verte sul riconoscimento della valenza, nel mondo Occidentale, del pensiero senza la scomodità della religione ed identifica, nelle varie epoche, quei pensatori a suo dire innovatori di un diverso atteggiamento critico. Proprio la citazione ad inizio volume di Nietzsche, nelle sue poche righe, delinea tale progetto di ricerca. Il suo progetto inizia con la filosofia antica, prosegue con la Scolastica e il Medioevo ed approda in pieno barocco. Onfray chiama questo periodo della sua controstoria “l’età dei libertini”, anzi “libertinismo barocco” e distingue i libertini fideisti, cioè quei pensatori che comunque non criticano o non si mostrano spavaldamente contrari alla religione ma quasi la ignorano, pur rimanendo cristiani, come Charron, Saint-Evremond, Gassendi e i libertini edonisti (Cyrano de Bergerac di Ronstand e l’esaltazione del riso come forza dirompente: “apre abissi, spacca il mondo in due”) e panteisti, tra cui primeggia ovviamente Spinoza. Nella sua introduzione ipotizza un intervallo temporale di analisi che va dalla morte di Montaigne a quella di Spinoza, giustificando le due morti come la data di inizio del commento ai Saggi all’inizio della pubblicazione dell’Etica: due eventi che, a suo dire, pongono l’avvio di quella “genealogia del pensiero critico del secolo dei Lumi”. Entrambe le opere sono innovative: la prima pone l’avvio alla critica dell’atteggiamento nei confronti del mondo, la seconda verso la divinità. mella cronologia poi sono sottolineate le varie date di tale costelazione di pensatori. Il secolo del libertinismo quindi, pur non criticando Dio, critica però l’Uomo e la sua disposizione nei confronti dell’esistenza ed apre la strada al Settecento e all’ateismo. Nessuno dei filosofi del Seicento può dirsi ateo, secondo Onfray ed anzi tutti bene o male parlano di Dio; in particolare Spinoza neppure può dirsi ateo, nonostante storicamente questa sarà la principale accusa dei suoi delatori, poiché ha Dio come oggetto e soggetto costante di tutta la sua opera. L’analisi di Onfray per giustificare questa etichetta del secolo dei libertini parte da tutte quelle forze barocche, attraverso l’erudizione, per giungere all’ammirazione del corpo come potenza ma il libertinismo non professa il nichilismo o nega l’esistenza stessa di Dio; legge assiduamente, come si è detto, Montaigne in maniera attenta e focalizza le sue visuali sulla scoperta del Nuovo Mondo; ha come fondamenti le guerre di religione: dal massacro di san Bartolomeo alla persecuzione calvinista; la metodologia ricalca un metodo cosiddetto scettico (ad esempio Cartesio o La Mothe Le Vayer); rivendica una libertà filosofica totale ma soprattutto rivendica a sé un nuovo modo di valutazione della ragione e qui, prendendo come riferimento a fulcro di tutta l’opera, Onfray presenta Spinoza sia come inizio del discorso sia come fine, dedicando l’ultimo capitolo al pensatore olandese. La giustificazione che il punto di arrivo del Seicento vada necessariamente verso Spinoza deriva dall’ultima analisi del libertinismo barocco circa la valutazione del corpo: il corpo preso come modello, esaltato e mai offeso, l’edonismo quasi razionalista del sé materiale e Spinoza, proprio nell’Etica, realizza e supera questa considerazione, realizza perché in lui corpo e mente non sono mai né disgiunti né uno soggiace all’altro; supera perché il pensiero spinoziano, unico nel panorama occidentale, va oltre ed apre la strada all’epoca dei Lumi. Onfray dice anche che se si vede in un’altra visuale questo secolo, possiamo intenderlo come normalmente lo si intende e cioè come il “secolo dei razionalisti” ma è riduttivo focalizzare solo nei cartesiani tale identificazione. Non è quindi strano che proprio qui viene spiegata la filosofia di Spinoza quasi meglio che in altri manuali: l’Autore ama il filosofo “razionalista” e non a caso lo etichetta come colui la cui opra “conduce alla gioia”. Offre una sua presentazione come espressione di una solitudine meditativa facendo un parallelo con gli artisti olandesi dell’epoca: Rembrandt e Vermeer che dipingono l’Uomo che pensa come assorto nella sua contemplazione del mondo, chiuso nella stanza dove le idee si fanno strada, in una parola dipingono Spinoza. Onfray poi paragona la vita di Spinoza all’ideale epicureo che vede il rifiuto degli onori e della notorietà, delle ricchezze dei beni materiali e soprattutto degli eccessi, sia dei sensi che degli agi. Il paragone con Epicuro è visto anche con il motto spinoziano del “caute” (“prudenza”) assai noto ma soprattutto sia con l’identificazione del conatus quale sforzo che contribuisce all’essere, alla dinamica del reale e sia attraverso questo stesso sforzo e il desiderio come messa al bando delle “passioni tristi”. Sicuramente una bellissima esposizione della assai complessa filosofia di Spinoza porta il lettore verso l’obiettivo della ricerca della gioia spinoziana, senza trascurare nulla: dalla sostanza ai modi, dagli attributi alla costruzione geometrica, dalla politica alla libertà. Insistendo proprio sull’aspetto epicureo ed edonista, Onfray offre un modo diverso di vedere l’Olandese ed offre una metodologia di analisi che, pur non discostandosi da un percorso corretto e giungere agli stessi obiettivi di tutti coloro che lo presentano solitamente, giustifica proprio con Spinoza ciò che nell’introduzione aveva detto sul ruolo della corporeità nel Seicento: “cosa può il corpo?” è la domanda cardine. Onfray, forse partendo dal testo Les Lumierères radicales: la philosophie, Spinoza et la naissance de la modernité (1650-1750) di Jonathan Irvine Israel (2005) in cui si traccia la tesi che tutto il secolo dei Lumi prende l’avvio da una certa lettura dell’opera spinoziana, ci dice che tale visione può essere esagerata ma la accetta come presupposto, proprio dovuto alla lettura anche di un altro testo, Spinoza et le Pensées française avant la Révolution di Paul Vernière, in cui si dimostra come lo spinozismo entrò in Francia nel Settecento e il rapporto tra i filosofi di questo periodo e il pensiero spinoziano. Un ultimo accenno di Onfray e degli studiosi di Spinoza va a Deleuze ma solo come citazione bibliografica (“Deleuze deleusizza Spinoza”) non nascondendo forse una sua avversione nei suoi confronti.
Michel Onfray, L’età dei libertini. Controstoria della filosofia III
traduzione du G. De Paola
Fazi editore, 2009, collana Le Terre
ISBN: 8881123428 – ISBN-13: 9788881123421
euro 17,50
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